Essere la metà di un duo musicale è l’atto di equilibrio definitivo. I battibecchi creativi sono amplificati, i disaccordi lievi si trasformano in differenze insormontabili, e uno di voi si dimentica sempre di comprare la carta igienica. È una posizione in cui molti musicisti non vorrebbero trovarsi. La simbiosi non è il loro habitat naturale. Per le coppie che prosperano, però, i risultati sono spesso spettacolari.
I più grandi duo degli ultimi 30 anni vanno dall’hip-hop fritto del sud al brit rock dalle sfumature indie fino a un duo francese a cui piace molto vestirsi come dei C-3PO hipster. Queste sono le coppie che hanno fatto le loro leggende in tandem. I buoni duo ti danno una sbirciata nella loro psiche collettiva; i grandi non ti lasciano vedere le cuciture.
1. Outkast
“The South got somethin’ to say” sarà scritto sull’epitaffio degli Outkast quando Andre 3000 – alias 3 Stacks alias Possum Aloysius Jenkins – e Big Boi – alias Daddy Fat Sax alias Sir Lucious Left Foot – metteranno finalmente giù i loro microfoni. Quando Dre ha pronunciato queste parole ai Source Awards del 1995, il Sud ha brillato dopo essere stato ignorato per buona parte di un decennio, grazie al dominio dell’asse rap East Coast/West Coast. Il duo di Savannah si assicurò che la gente sapesse che stava succedendo qualcosa a sud del Mason-Dixon e lo sostenne con ogni album che pubblicarono, dal setoso e distanziato ATLiens al funk orchestrale di Stankonia.
2. Daft Punk
Non importa se la prima volta che hai sentito una canzone dei Daft Punk è stato in uno squallido seminterrato di una confraternita in Kansas o in una festa in un magazzino sudato nella Williamsburg pre-yuppie (o al CBGB, dove tutti pensavano fosse una follia) – sapevi che volevi solo ballare. Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter hanno portato questa peculiare marca di house francese – in realtà una scintillante miscela di Euro disco e deep house nativa di Chicago – al mainstream attraverso canzoni come “One More Time” e “Harder Better Faster Stronger”, due contagiosi (e onnipresenti) brani dance che sono ancora piacevoli da bar mitzvah a Berlino.
3. Eric B. e Rakim
Pensate a Eric B. e Rakim come a un ponte tra due epoche dell’hip-hop: da una parte avete i cantastorie originali che hanno combinato la narrazione e il flusso in una storia orale della città americana. (Pensa a Grandmaster Flash, Kurtis Blow e la Sugarhill Gang.) L’altro lato è dove vivono i parolieri: Nas, Biggie, Tupac. I parolieri erano ossessionati dal potere del linguaggio e della metafora e hanno compresso i testi in barre dense di diamanti per tutti gli anni ’90. Senza i seminali Paid in Full e Don’t Sweat the Technique di Eric B. e Rakim, non vedremmo Illmatic o Ready to Die. La produzione del duo è stata modesta, ma non c’è dubbio sul loro posto nel canone dell’hip-hop, specialmente considerando che Rakim poteva fare questo a 18 anni.
4. White Stripes
È divertente che dopo anni di scrittura di canzoni sempre più stratificate e complesse, il lick per cui Jack White sarà più ricordato è un semplice riff di sei note. “Seven Nation Army” non è il miglior brano del duo – quel cenno va a “300 MPH Torrential Outpour Blues” o “Hello Operator” – ma c’è una cruda bellezza nel tamburo da guerra di Meg White e nel profondo pulsare della chitarra di Jack. (Sì, stranamente, quella è una chitarra, non un basso.) Anche il ritornello sembra una tempesta in una tazza di tè rispetto al blues grunge che i fan si aspettano dalla coppia. Ma nessun’altra band nella storia recente merita un posto nel canone rock più dei White Stripes, e nessun’altra band ha una canzone migliore.
5. The Chemical Brothers
I Chemical Brothers hanno portato la musica elettronica negli stadi e l’hanno fatta brillare. Una delle famiglie fondatrici del big beat, quella combinazione particolarmente inglese di rock svettante e techno torva, Tom Rowlands e Ed Simons hanno dominato le classifiche pop del Regno Unito con album come Dig Your Own Hole e il funky Surrender. Le loro impronte digitali sono su tutte le classifiche pop anche oggi, dove il rock influenzato dall’elettronica è diventato rapidamente la regola. I Chemical Brothers hanno gettato un’ombra gemella più a lungo di qualsiasi altro duo nella storia della musica elettronica, e con buona ragione.
6. UGK
Ci sono momenti in cui si può sopravvalutare l’influenza degli artisti, ma vai avanti e ringrazia Bun B e il defunto Pimp C per la nascita di rapper da Nappy Roots a T.I. a A$AP Rocky. I padrini di quel suono sciropposo di Houston potrebbero essere più famosi per il loro successo assistito dagli Outkast, “Int’l Players Anthem”, ma state certi che il loro catalogo è alla base dell’hip-hop del Sud. Super Tight del 1994 e Ridin’ Dirty del 1996 hanno gettato le basi da Houston ad Atlanta. I rapper ci stanno ancora costruendo sopra.
7. Tegan and Sara
Ci sono gruppi con un seguito di culto, e poi ci sono Tegan and Sara. Le gemelle Quin hanno creato un pop meravigliosamente strutturato dalla fine degli anni ’90 e hanno raggiunto il successo della critica mainstream con The Con del 2007, un album che mette in piena mostra i ritmi sferraglianti e trainanti di Tegan e Sara. (Avevano raggiunto l’ubiquità pop nel 2004, tuttavia, quando hanno pubblicato il singolo “Walking With a Ghost”, una canzone power-pop contagiosa con un gancio infernale). La loro urgenza non si ferma però alla musica; sono entrambi intimamente coinvolti in cause politiche progressiste, specialmente all’interno della comunità LGBTQ.
8. Gang Starr
A parte Eric B. e Rakim (n. 3 di questa lista), non c’è un’altra coppia di DJ e MC che possa toccare DJ Premier e il defunto Guru. La coppia sembra evolversi in tandem nel corso degli anni, passando dal campionamento crudo e diretto su No More Mr. Nice Guy ai morbidi strati di jazz e funk su Moment of Truth. La chimica tra la coppia è così forte che anche quando Primo capovolge il ritmo e alza i BPM, Guru è subito dietro ad accelerare il suo flusso.
9. The Kills
Per un attimo un piccolo quartiere bohemien di Londra è stato il centro del rock’n’roll. Camden, un piccolo quartiere a forma di periscopio vicino al centro della città, ha fornito il terreno fertile per artisti dai Libertines a Amy Winehouse, e in mezzo a tutto ciò una coppia che si era da poco ribattezzata “VV” e “Hotel” ha trovato casa. Meglio conosciuti come Alison Mosshart e Jamie Hince, i Kills fornivano una versione blues dell’indie rock inglese che suonava in parti uguali con Sleater-Kinney e My Bloody Valentine. Mentre la candela romana della scena rock di Camden può essersi spenta, i Kills brillano ancora di luce.
10. Beach House
Quando i Beach House hanno pubblicato Bloom nel 2012, era chiaro che la band aveva finalmente fatto esplodere quel dream pop tascabile in qualcosa di molto più grande. Questo era un pop grande come un planetario, le canzoni si libravano. E poi, con la stessa rapidità con cui quelle dieci tracce sono salite nella stratosfera, i Beach House sono tornati all’orizzonte. Lo spoglio Depression Cherry e il suo quasi immediato seguito, Thank Your Lucky Stars, hanno rappresentato un ritorno alle radici musicali di Victoria Legrand e Alex Scally, e il risultato è una coppia di gemme scarne e opache. La capacità del duo di cambiare marcia così abilmente è qualcosa di speciale, e siamo tutti migliori per questo.