Che cosa intendeva Paolo per “condanna”?

“Perciò ora non c’è più alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù”

Quando fui salvato per la prima volta, non ci misi molto a farmi un’idea di ciò che Paolo intendeva quando disse: “Perciò ora non c’è più alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1 NASB). Pensavo che Paolo volesse dire qualcosa come “I cristiani non si sentono mai colpevoli quando peccano”. “Sapevo” che significava questo perché questo è il modo in cui avevo sentito altri usare il verso.

“Perciò ora non c’è condanna per coloro che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1 NASB)

Col tempo, però, sono arrivato a capire il verso in modo diverso. L’interpretazione “nessun senso di colpa” fallisce tre test importanti: il significato della parola greca, il contesto immediato e il contesto più ampio di tutta la Scrittura. La parola tradotta in inglese come “condanna” è la parola greca katakrima. Seguendo l’autorevole lessico Bauer, Arndt e Gingrich, F. F. Bruce (egli stesso un’autorità sulla lingua greca) dice che katakrima significa in questo contesto, “la punizione che segue la sentenza… la servitù penale.”

Significato di ‘condanna’ confermato dal contesto immediato

Non parla, quindi, della dichiarazione della nostra colpa ma della schiavitù al peccato che segue alla colpa. Questo significato è confermato dal contesto immediato che si trova nel verso successivo, quando Paolo dice: “Perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù vi ha liberati dalla legge del peccato e della morte”. Non abbiamo più katakrima (o schiavitù al peccato) perché (o come dice Paolo, per) Cristo ci ha liberati da questo attraverso lo Spirito. Non siamo più condannati a una vita di servitù al peccato. Se il versetto avesse, infatti, significato che i cristiani sono estranei a tutti i sensi di colpa avrebbe contraddetto molti chiari passaggi della Scrittura, compresi i due seguenti:

Perché anche se vi ho causato dolore con la mia lettera, non me ne pento; anche se me ne sono pentito – perché vedo che quella lettera vi ha causato dolore, anche se solo per un po’ – ora mi rallegro, non perché siete stati addolorati, ma perché siete stati addolorati fino al pentimento; perché siete stati addolorati secondo la volontà di Dio, affinché non abbiate a soffrire in nulla per mezzo nostro. (2 Corinzi 7:8-9 NASB)

– L’articolo continua dopo questo annuncio –

Siate tristi, fate cordoglio e piangete; il vostro riso si trasformi in lutto e la vostra gioia in tristezza. Umiliatevi alla presenza del Signore, ed egli vi esalterà. (Giacomo 4:9-10 NASB)

Uno spirito sano è sensibile al peccato

Uno spirito sano è sensibile al peccato. Solo una coscienza scottata non si sente male quando si fanno cose cattive. Una coscienza sensibile funziona più o meno come il nostro sistema nervoso funziona per il nostro corpo. Il dolore ci dice quando stiamo facendo qualcosa (come mettere una mano nel fuoco) che danneggerà i tessuti. Impariamo a non ripetere la condotta che ci fa male. Una volta ho conosciuto un giovane che aveva perso la sensibilità in una delle sue gambe a causa di un incidente d’auto. Una volta puntellò la gamba su una stufa mentre si addormentava. Si svegliò con l’odore della sua carne bruciata. Se fosse stato in grado di sentire, avrebbe spostato la gamba prima che un tale danno fosse inflitto.

Sentirsi male quando abbiamo fatto cose cattive ci fa bene. Non ne consegue che dovremmo sprofondare in una depressione implacabile o che dovremmo mai arrenderci. Né è giusto caricare la nozione di una coscienza sana con queste due questioni separate. Nel rifiutare questi due atti distruttivi non dovremmo rifiutare l’idea di una coscienza sana.

La chiave per comprendere Romani 8:1 è capire cosa intendeva Paolo, non cosa intendono i nostri amici. Paolo non voleva dire che i cristiani non si sentono mai male per aver peccato, voleva dire che i cristiani sono liberati e non devono peccare.

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